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Orfani di una Banca Veneta? 

2021-11-12 00:00:00.0000000

ORFANI DI UNA BANCA VENETA ?

Dopo il fallimento delle due banche regionali nel Veneto le Pmi hanno la sensazione di essere orfane di una banca Veneta, ma si devono adattare a tale situazione a nostro avviso irreversibile.

Sopravvive il sistema del Credito Cooperativo che si sta organizzando per affrontare le nuove sfide che l’uscita dalla pandemia comporteranno, ma possono bastare?

Una ricerca della Cgia Unioncamere Veneto dimostra che con la prossima scadenza dei decreti liquidità del 31.12.2021 può accadere che la tregua sul fronte del credito fra banche e piccole imprese possa terminare bruscamente.

Dopo un anno e mezzo di moratorie e finanziamenti facilitati dalla generosa presenza delle garanzie del Fondo statale, il dubbio che serpeggia fra le imprese e gli addetti ai lavori è che le banche tornino ad applicare i consueti criteri restrittivi nella concessione del credito utilizzati prima della crisi pandemica, quando il rispetto dei rating, generati da complessi algoritmi, era fondamentale per l’ottenimento credito, in particolar modo presso i grandi gruppi bancari.

Le previsioni della ripresa sono confortanti (aumento del 6,2% del Pil), anche se ancora a macchia di leopardo e condizionate dall’aumento del costo delle materie prime, dell’energia e dalle strozzature nelle catene di fornitura di alcuni componenti. Ma dai dialoghi fatti dall’Union Camere Veneto coi propri imprenditori aderenti e da un questionario sottoposto a circa 600 pmi, si percepisce che i rapporti con il sistema bancario veneto hanno qualche difficoltà e si azzarda l’ipotesi che dipenda anche dalle vicende delle banche popolari venete scomparse dallo scenario regionale.

Per il direttore della Cgia Mason le garanzie statali che dovevano affiancare un credito aggiuntivo sono andate in buona misura utilizzate per dar seguito ad un credito sostitutivo. In estrema sintesi le banche hanno allargato il credito per il 25%, come previsto dai decreti liquidità, ma nel frattempo hanno solo perseguito l’obiettivo prioritario di migliorare la loro posizione di rischio creditizio, sostituendo sistematicamente i loro rischi diretti con quelli dello stato, mentre l’erogazione del credito senza garanzie si è fatto difficile.

Giudizio severo quello del direttore Mason di Cgia, indirizzato soprattutto a Banca Intesa che nel Veneto ha assorbito buona parte degli assets di Popolare di Vicenza , costatando che con la perdita di importanti banche del territorio le decisioni prese da tale banca a Milano possono non essere in sintonia con le esigenze del territorio.

La conclusione del convegno di Union Camere è che il Veneto sia oramai orfano di una banca veneta importante e che tale carenza ne condizionerà in futuro lo sviluppo anche se sul il territorio sono rimasti aperti ancora gli sportelli delle banche del credito cooperativo che svolgono una loro importante funzione di presidio soprattutto per le medie e piccole imprese.

Attualmente le Bcc sono suddivise in due gruppi facenti riferimento uno alla Federazione Iccrea di Roma e l’altro alla Cassa Centrale di Trento: si sono dimostrate presenti e dinamiche nel Veneto con un +7,1% dal giugno 2020 al 2021, contro un 3,7% dell’intero sistema creditizio veneto.

Tuttavia anche le Bcc venete stanno lanciando il loro allarme lamentando una crescita esponenziale di regolamentazioni e relativi costi che le stanno condizionando, situazione che potrebbe destabilizzare nel tempo anche il loro sistema. Nel frattempo si danno da fare e si assistono a fusioni ed aggregazioni volte a dar loro una migliore struttura e massa critica, col rischio tuttavia di una perdita per strada di certe specificità territoriali che inesorabilmente l’aumento delle dimensioni può comportare.

Da parte nostra pensiamo che il ritorno ad un grosso polo bancario veneto sia ormai una strada impraticabile; bisognerà invece fare i conti con un sistema bancario sempre più polarizzato (le fusioni fra le grandi banche Mps in testa non sono concluse) e che la migliore strategia possibile sia quella di mediare il rischio, gestendo la posizione finanziaria di ogni azienda con un adeguato mix di istituti di credito ed una fondamentale riserva di fido. Quest’ultima potrà costare commissioni per i fidi parzialmente non utilizzati, ma è una garanzia contro i possibili effetti negativi da aggregazioni bancarie o mutamenti di strategia creditizia di questa o quella banca.