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Facciamo il punto 

2022-03-21 00:00:00.0000000

FACCIAMO IL PUNTO

Gli effetti della guerra in Ucraina e le sanzioni prese dagli Usa e Ue contro la Russia stanno portando l’economia e la finanza dell’Unione Europea, in un territorio sconosciuto - afferma la Presidente della Ue.

L’Italia è particolarmente coinvolta essendo dipendente da forte un interscambio con la Russia (import gas, petrolio, cereali, urea etc.; export tecnologia, metalmeccanica, prodotti di lusso etc.).

Gli Usa con un tasso di inflazione di 7,9% (determinata dalla domanda, cioè da un aumento dei salari e dal rincaro dei prezzi susseguente, oltre che dai costi delle materie prime da lockdown) si preoccupano di alzare i tassi e bloccare l’acquisto di titoli da parte della Fed per raffreddare l’economia , prevedendo comunque un calo del Pil senza però correre il rischio di entrare in recessione.

Rischio che invece l’Europa corre, nonostante parta da un tasso di inflazione inferiore (5.9%-peraltro quella europea è inflazione da offerta, cioè carenza di energia, materie prime, conduttori, etc, ma non da salari).

Gli effetti boomerang delle sanzioni e i costi indotti dal soccorso ai rifugiati ucraini non sono ancora prevedibili; quello che è certo che questa guerra ha determinato un aumento del costo degli armamenti (quasi raddoppiato per l’Italia) con una svolta per la Germania che per la prima volta nella sua storia dal dopo guerra stanzia ben 100 miliardi di Euro in armamenti. Per i tedeschi vi è un cambio di prospettiva in economia, votata all’export e a tutti i mercati dell’est - Russia e Cina comprese - nell’epoca Merkel, e attualmente ferma (ultimo trimestre 2021 Pil quasi in negativo).

Per la prima volta dopo decenni il Pil si muove per l’effetto dei mercati interni, prima condizionati dalla pandemia con l’allargamento dei bilanci dei singoli stati e poi dai fondi messi a disposizione dal Pnrr (debito buono come dice Draghi, cioè da investimenti) interventi volti a soccorrere le economie europee dal calo dell’export.

Dovremmo tutti cominciare a valutare le situazioni socio-economiche da un altro angolo di visuale, cioè da una economia guidata in precedenza dagli indicatori del libero mercato (prezzi, tassi, concorrenza, etc.) ad un’economia imprevedibile e comunque condizionata da interventi statali volti a limitare gli effetti negativi sulla vita di imprese e persone.

Quasi certo quindi l’aumento dell’inflazione e a ruota dei tassi, ma come reagiranno famiglie ed imprese di fronte a questi shock?

 

E come l’ Ue e il sistema finanziario (banche) si porranno di fronte a questi fenomeni che dopo due anni di pandemia sembravano in fase di rientro?

 

Le banche hanno già chiesto tramite il presidente dell’Associazione Bancaria Patuelli di riconsiderare le regole sugli aiuti di stato che stavano per scadere il 30.06.2022 e impostare rapidamente un piano di allungamento dei debiti pregressi per poter mettere famiglie e imprese in condizioni di pagare in un lasso di tempo più lungo le rate dei debiti, magari già garantiti, ma le cui rate si faranno nei prossimi mesi pesanti dovendo affrontare maggiori costi per energia e materie prime.

Il pericolo è quello di bloccare lo sviluppo atteso per il 2022 ed anzi aumentare gli stop di produzione e le chiusure per ritorno della crisi finanziaria.

Di positivo c’è la notizia che l’interscambio con la Germania è aumentato nel 2021 del 22%, probabilmente alimentato dall’accorciarsi delle filiere, ed da un effetto reshoring (produzioni vicino ai mercati di sbocco) verso l’Italia di produzioni tedesche prima svolte in altri continenti, soprattutto nel settore chimico e nella produzione dei macchinari.

Quindi, lasciando da parte il desiderio comune di un blocco immediato della guerra ed un ritorno quanto mai rapido ad una economia di pace, che la Germania abbia stanziato 100 miliardi per gli armamenti e abbia collegamenti importanti con le nostre aziende del settore, dall’aviazione ai mezzi terrestri, fa prevedere che nonostante la Germania possa entrare in recessione, paradossalmente tali investimenti potranno portare per quel paese e per l’Italia, un recupero di interscambio in grado di garantire uno sviluppo del Pil e dell’occupazione che in questi frangenti è molto difficile da valutare.

 

Sicuramente vedere che una parte del Pil sarà destinata ancora agli armamenti farà storcere il naso (giustamente sarebbe meglio investire in welfare come sanità e scuola), ma i fatti di guerra che stanno accadendo nell’est Europa hanno indotto i governi europei, Italia compresa, ad aumentare le spese in deterrenza e difesa per competere con paesi autocrati come la Russia e la Cina a differenza di quanto fatto finora, solo sulla base del mercantilismo e di una promozione pacifica della cultura democratica.  

 

L’altro aspetto collaterale di cui bisognerà tener conto sarà l’arrivo di un numero considerevole di profughi che porteranno non solo problemi di logistica e di convivenza alla lunga, ma cambiamenti in termini di mercato del lavoro (positivi se ben gestiti dalle imprese carenti di personale). Non ultimo sullo sfondo il tema sanitario, popolazioni con relativa copertura contro il Covid, presenza di patologie da Tbc endemica in Ucraina e Hiv poco sotto controllo, metteranno sotto pressione il nostro sistema sanitario e i bilanci delle istituzioni che dovranno occuparsene.

Tutto ciò non potrà non influire sull’andamento della nostra economia.

In tale contesto ed in attesa dei possibili provvedimenti governativi che affrontino i tempi sopra indicati e per quanto ci riguarda che allunghino i debiti a medio e lungo termine, una particolare attenzione va data all’andamento dei tassi, oramai tendente a consolidarsi e a preferire la scelta del tasso fisso in caso di interventi di finanziamento a medio termine o leasing urgenti.

Un occhio sempre di riguardo al rinnovo degli affidamenti a breve e al mantenimento di una adeguata riserva di fido (più banche e margini di utilizzo disponibili) ricordando che il sistema bancario, abituato da due anni di pandemia nei quali ha contato sull’appoggio dei fondi di garanzia, analizza le imprese in modo restrittivo in occasione di richieste di aumento dei fidi.

E’ un paradosso ma in caso di aumento dei ricavi, che richiedono un allargamento dei fidi di smobilizzo, abbiamo verificato una ritrosia delle banche a dar seguito rapidamente, per cui è necessario intervenire per tempo e dotarsi di un minimo di previsione finanziaria a 6 mesi, come peraltro l’attuale normativa imporrebbe per molte aziende.