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l Quantitative Easing non favorisce le PMI 

2016-04-05 00:00:00.0000000

 Il Quantitative Easing non favorisce le Pmi

Il Quantitative Easing (QE) della Bce sta tentando di combattere la restrizione del credito e la deflazione con un duplice approccio: erogando prestiti alle banche previa garanzia a tasso zero o addirittura a tasso negativo se la banca modifica la sua politica di impiego aumentando prestiti all’economia reale.

Grazie a questi incentivi i prestiti alle imprese hanno smesso di contrarsi ma  non sono aumentati in modo sperato o sono rimasti al palo: a gennaio 2016 solo +0.6% nell’Eurozona , mentre sono ancora negativi in Italia. Questo perché gli elevati requisiti di capitale in contropartita ai prestiti influenza le decisioni di impiego delle banche. L’investimento in titoli di stato rimane l’opzione più redditizia e sicura dato che con il loro acquisto non è richiesta la costituzione di una riserva di capitale.

La Bce ha avviato dunque un programma parallelo di acquisto di obbligazioni societarie non finanziarie con rating elevato : le banche potranno cedere i titoli alla Bce sgravandosi del rischio. Difficile però che questo provvedimento aggiuntivo basti a far ripartire il credito, visti i quasi 1.000 miliardi di Euro di crediti deteriorati che intasano il sistema bancario.

Anche le stesse aziende potranno emettere nuovo debito (corporate bond) con la garanzia implicita che la Bce sarà compratore in ultima istanza,  garanzia che comporterà la riduzione dei costi di finanziamento.

Chi saranno i maggiori beneficiari di tutto ciò? I paesi dove la grande industria è preponderante, mentre l’Italia sarà svantaggiata vista la prevalenza delle pmi.

In ogni caso si sollevano dei dubbi ulteriori poiché in tutti i paesi dove è stato introdotto il QE da tempo (USA, Giappone) le imprese hanno preferito utilizzare la maggior liquidità per ridurre l’indebitamento, aumentare i dividendi e i riacquisti di azioni proprie (buyback), piuttosto che varare investimenti nella produzione e nella ricerca. E il mercato finanziario ha premiato queste strategie visto che, se l’impresa riduce il capitale, il valore del titolo aumenta dato l’aumento dei profitti per azione. Ecco che i manager incassano lauti guadagni tramite le stock options, come ad esempio è successo in Giappone dove dal 2013 i buyback sono quadruplicati rinfocolando la bolla azionaria mentre gli investimenti di capitale sono rimasti fermi. Il medesimo processo è avvenuto negli USA.

Anche nell’Eurozona il fenomeno iniziato nel 2015 è in crescita, e da aprile le grandi imprese potrebbero accedere direttamente alla liquidità Bce mentre le piccole realtà continueranno a raffrontarsi con un sistema bancario refrattario nella concessione di credito.