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Aumento dei prezzi delle materie prime, rischio speculazione, o segnale positivo? 

2021-04-08 00:00:00.0000000

Aumento dei prezzi delle materie prime, rischio speculazione, o segnale positivo?

Il fenomeno dell’aumento dei prezzi e della carenza di materie prime e manufatti intermedi è l’esito della ricostituzione delle scorte, la speculazione che ne approfitta o il segnale di inversione del ciclo e dell’inizio del lento ma inesorabile processo di riavvicinamento delle produzioni, dopo un secolo di delocalizzazioni spinte?

La fiammata dei prezzi delle materie prime (acciaio, rame, nickel, alluminio) non accenna a diminuire e perfino il recente intoppo sul Canale di Suez è stato vissuto dall’industria di trasformazione, la sola a non soffrire in pieno il permanere della pandemia da Covid 19, con una crisi di nervi per l’incertezza che si è diffusa lungo tutta la catena del valore che finisce con l’export.

Il rischio di trovarsi con i ricavi di contratti già sottoscritti privi di marginalità o con ritardi di consegna tali da essere messi fuori mercato ora è concreto per tante aziende che hanno gestito le scorte con la giusta attenzione al loro costo anche finanziario. Col senno di poi, sarebbe stato conveniente aver incrementato le scorte nonostante il calo del fatturato originatosi nella primavera scorsa.

Sono dunque partiti la speculazione e l’accaparramento nel timore di rimanere spiazzati e con gli impianti fermi se la ripresa dovesse confermarsi robusta in estate e in autunno col rischio ovvio dell’effetto domino.

Si teme che con la ripresa dei consumi da giugno in poi, i settori finora bloccati dalla pandemia trasferiscano le richieste di aumento delle forniture alle diverse filiere: a quel punto non solo i prezzi saliranno ancora di più ma sarà pure difficile gestire la carenza di materie prime e i ritardi di fornitura.

Evidentemente si è lasciato passare inutilmente un anno di pandemia prima di rendersi conto che vale finalmente la pena di conoscere ed imparare il significato della parola inglese reshoring: far tornare a casa produzioni delocalizzate in passato. Non vi è solo la necessità di mediare gli approvvigionamenti per limitare il rischio della carenza di materie prime e manufatti intermedi, ma anche di avvicinare i prodotti al consumatore finale (famiglia o impresa) e quindi di far tornare in Italia e in Europa parte delle produzioni delocalizzate in giro per il mondo.

Al fine di rendere il processo strutturale con indubbi effetti positivi sull’occupazione, sul Pil e sulle finanze dello stato, bisognerà investire rapidamente nella tecnologia e nella logistica in modo da rendere i manufatti non solo disponibili ma perfino concorrenziali e migliori di quelli importati

Quindi sarà chiamata la struttura finanziaria del paese e della Ue a finanziare questo cambiamento che non dovrà essere solo finanziario e speculativo bensì produttivo di valore, utilizzando le opportunità derivanti dal Recovery Plan per fare gli investimenti necessari sulla spinta delle scelte del governo e del settore pubblico e stimolare nel contempo il risparmio privato (famiglie e imprese) ad uscire dai depositi bancari o dagli investimenti finanziari a breve per investire con fiducia in progetti di sviluppo.

In questo il sistema bancario ha una grossa responsabilità perché dovrà passare velocemente dal fare banca a sostegno delle imprese e famiglie in difficoltà grazie alle garanzie statali come fatto negli ultimi 12 mesi, a selezionare e fornire credito con più coraggio, allocando le risorse nei settori maggiormente produttivi che danno segnali di aver voglia di rischiare per lo sviluppo delle produzioni sul proprio territorio .