AREA RISERVATA 

Utente
Password

News

Aumenta l'incertezza 

2018-10-10 00:00:00.0000000

IL CONTO DELLO SPREAD: FINORA 5 MILIARDI IN PIU’ ALL’ANNO DI INTERESSI PER LO STATO E BANCHE IN DIFFICOLTA’- AUMENTA L’INCERTEZZA SULLA SOLUZIONE POSITIVA DELLA CRISI FINANZIARIA DELL’ITALIA.

La Nota di aggiornamento al Def arrivata alle camere nella notte di giovedì scorso, ha chiarito ciò che i mercati temevano e cioè che il nuovo governo, nonostante le tensioni sullo spread e sull’acquisto dei titoli di stato, fosse deciso a perseguire una politica di bilancio in deficit, almeno per l’anno 2019.

Morale: per finanziare il proprio programma attualmente servono 5 miliardi in più per sostenere il maggior costo del denaro ed intanto le banche soffrono e scaricano i loro problemi sulla clientela, imprese e famiglie.

Sono molti economisti ad avere dubbi sulle previsioni avanzate dalla Nota, anche perché il contesto economico internazionale non è favorevole e la Bce presto cesserà il quantitative easing.

Una crescita nel 2019 del 1,5% contro una crescita attuale tendenziale del 0,9% appare non solo ottimistica, bensì come un tentativo di salvare la faccia con l’elettorato e convincere che le promesse fatte saranno mantenute.

Com’è possibile allora che i leader di uno dei Paesi più industrializzati del mondo non si siano posti il problema di tali possibili conseguenze economiche negative derivanti dalla manovra finanziaria varata?

A nostro avviso tutto ciò non può essere spiegato da una carenza di cultura economica, ma da una possibile e ben più azzardata strategia politica.

Il nuovo governo ha preso atto che l’interdipendenza europea è così stretta da vincolare l’autonomia decisionale nazionale ed ha capito che l’obiettivo di autonomia non è perseguibile sulla strada della Brexit, vista la drammatica complessità della fuoriuscita britannica dall’Unione Europea. Così come è irrealistico raggiungere l’obiettivo sulla strada a suo tempo tentata da Alexis Tsipras, viste le umilianti conseguenze causate dal suo tentativo unilaterale di violare le regole dell’Eurozona.

La strategia (condivisa da altri partiti sovranisti europei) non può essere altro che quella di conquistare l’U.E. dall’interno, per poterla svuotare di controlli e competenze.

L’Europa è a nostro avviso in una ‘giuntura critica’, cioè un periodo storico in cui vecchi equilibri si sono indeboliti e nuovi equilibri potrebbero affermarsi. E’ già accaduto alla fine della Guerra fredda (1989-1992) periodo nel quale è nata la nuova Europa monetaria con le attuali regole, l’attuale congiuntura potrebbe condurre al ritorno della vecchia Europa doganale.

Un azzardo che potrebbe mettere in discussione anche il mercato unico e portare l’Italia, paese più indebitato della Ue, a conseguenze di dissesto che potrebbero andare oltre ad un aggravio degli interessi sul debito finora accresciuti.

I mercati sono imprevedibili e chi crede di poterli condizionare molto spesso deve arrendersi alla loro forza.

L’abbiamo visto nel 2011 con la crisi del Governo Berlusconi a cui sono seguiti anni di austerità e ora nessuno può sapere dove questa nuova strategia porterà.

Che l’attuale manovra finanziaria parli agli elettori piuttosto che alla Commissione Europea è un dato di fatto. Per portarla a termine l’attuale governo sta mobilitando la base sociale avvantaggiata dalla manovra stessa e ha individuato un nemico cioè la Commissione Europea. Quest’ultima sarà costretta ad aprire una procedura di infrazione, che avrà scarsa efficacia pratica essendo la Commissione in scadenza. Il governo avrà un nemico da indicare come responsabile dei nostri guai sociali ed economici. Intanto radicalizzando lo scontro con l’U.E. i due vice-premier potranno consolidare il controllo sui rispettivi partiti e preparare per tempo le elezioni Europee della prossima primavera.

In conclusione questo scenario potrebbe condurre ad un nuovo ordine Europeo, ma dagli esiti imprevedibili per mesi se non per anni prima di consolidarsi ed intanto il nostro Paese sarà oggetto di particolari attenzioni delle agenzie di Rating e dei mercati. Un debito come il nostro non è facilmente nazionalizzabile come qualche economista del governo sta programmando. Le banche, ossatura della custodia dei risparmi e della trasmissione del credito potrebbero vacillare, sballottate dai mercati e in casi estremi dalla corsa ai Bancomat come avvenne in Grecia.

Purtroppo un baricentro riformatore capace di contenere e mediare questa idea estrema di politica elettorale in Italia ed in Europa sembra di difficile gestazione ed anzi frazionato in mille rivoli di interessi politici personali e nazionali. Pertanto lo scenario estremo sopra descritto potrebbe verificarsi e la probabilità che tutto finisca bene con un nuovo equilibrio è al 50%, percentuale che fa impazzire per l’incertezza tutti i mercati.