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Ottimismo di fine 2017, con qualche ombra per il 2018 

2017-12-22 00:00:00.0000000

OTTIMISMO DI FINE 2017

Con qualche ombra per il 2018

L’export continua a tirare, i consumi sono in ripresa, l’occupazione sembra migliorare anche se rimane precaria, insomma tutto bene per le famiglie e le imprese italiane?

In realtà il bicchiere è mezzo pieno in quanto sulla ripresa veleggiano ancora delle preoccupazioni.

Per noi addetti ai lavori rimane la preoccupazione sul credito e sul suo costo.

Abbiamo trattato ripetutamente sullo stato del sistema bancario e dei suoi problemi, fra cui la recente scomparsa di due banche regionali importanti, come Popolare di Vicenza e Veneto Banca, è solo punta di un Iceberg.

Non abbiamo finora esaminato l’effetto dell’elevato debito pubblico dell’Italia, che non solo rappresenta un problema di stabilità finanziaria per il paese, ma si rivela sempre di più un costo ed un freno per il sistema economico e le imprese nazionali.

I finanziamenti ottenibili dalle aziende di un Paese tendono a riflettere il rating e lo spread sui titoli di Stato. E’ molto difficile che le imprese italiane ottengano un rating migliore di imprese similari concorrenti e operanti in altri stati Ue.

Il rating del Paese si applica alle banche che subiscono il rischio del paese di residenza e scaricano tale rischio sulla propria clientela applicando fidi e condizioni peggiorativi rispetto ad altri paesi Ue.

Le imprese italiane subiscono da anni questo svantaggio competitivo: quanto potrà durare ?

Questo sistema, a nostro avviso, non è sostenibile a lungo in un mercato competitivo ed integrato, perché la spinta a spostarsi verso paesi dove il costo del denaro è più basso e la sua disponibilità meno razionata è una forza irresistibile nel tempo.

Per il momento il costo finanziario, che morde le imprese meno performanti, è ancora sostenibile per le imprese più competitive in quanto tenuto calmierato dalla grande liquidità immessa tutti i mesi dalla Bce. Sappiamo che con l‘approssimarsi di fine 2018 il quadro potrebbe mutare e il costo del denaro ricominciare a salire.

Nelle scelte di fare e sviluppare impresa e dove localizzarla incidono altri fattori, come il costo del lavoro, le infrastrutture, il costo della burocrazia, il sistema giudiziario etc. Tuttavia a parità di condizioni un paese ad alto debito pubblico si rivela meno attraente sia per chi crea imprese e ci vive che per chi vorrebbe provare ad investirci. In ultima analisi il tanto ricercato effetto sull’occupazione dipende anche dalla situazione del debito pubblico.

La riduzione del debito del Paese non è solo una questione di stabilità finanziaria e di equità fra generazioni, ma è una componente essenziale per una seria politica industriale di sviluppo e di spinta all’occupazione.

Non ci sembra che l’attuale Agenda Politica Italiana abbia al primo punto tale priorità.