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Finirà bene la ristrutturazione del sistema bancario italiano? 

2017-07-05 00:00:00.0000000

Finirà bene la ristrutturazione del sistema bancario italiano?

Le premesse degli ultimi giorni sembrano positive, nell’ipotesi che il Parlamento converta il Decreto governativo e Banca Intesa tenga fede agli impegni.

Come sempre pagherà pantalone, ma fortunatamente sempre meno di quello che avrebbe pagato, qualora in assenza di interventi o in presenza di ulteriori incertezze, avesse preso sopravvento la sfiducia sulla tenuta dell’intero sistema bancario da parte dei risparmiatori con conseguente assalto alle banche ed una crisi di sistema difficilmente gestibile.

Tuttavia, in attesa che la Commissione Parlamentare e le aule dei Tribunali accertino responsabilità e diano avvio ad esemplari punizioni e ad una effettiva azione di recupero dei danni subiti, ci preme fare il punto sull’effettiva situazione del sistema bancario e il suo ritorno alla normalità.

Dobbiamo quindi interrogarci come mai le autorità di governo e di vigilanza abbiano così prolungato la decisione di definire una linea di intervento per le banche in difficoltà.

A nostro avviso a causa di due fattori che tuttora non sono stati del tutto eliminati.

Primo fattore il ricorso di molte banche al collocamento di obbligazioni Junior, destinate negli altri Paesi Ue ai sottoscrittori professionali, mentre in Italia, con procedure a volte opache e forzature al limite del lecito, sono state destinate anche a cittadini ignari del rischio pur di procedere in qualche modo al consolidamento del capitale investito. L’importo attuale in circolazione di tali bond è stimato ancora in 30 miliardi di €. E’ allora comprensibile che le nostre autorità nazionali tentino in tutti i modi di limitare le perdite derivanti a tali investitori in caso di disseto delle banche emittenti. Questo atteggiamento le pone però in contrasto con le autorità europee che avrebbero voluto l’utilizzo di maggior trasparenza in passato e ora vengono additate all’opinione pubblica italiana come insensibili. In realtà qualcosa nella fase di vigilanza non ha funzionato negli anni passati ed ora per digerire tale stock di titoli ed evitare il panico ha costretto tutti; Italia e Ue, a trovare soluzioni di compromesso. In futuro tali titoli non devono essere tassativamente collocati preso risparmiatori incapaci di valutarne il rischio. Punto e basta.

Secondo fattore è la presenza nei bilanci delle banche di crediti deteriorati che deprimono la redditività delle banche e la loro capacità di erogare credito. Secondo uno studio di Mediobanca, datato purtroppo 2015 e che andrebbe aggiornato, per oltre 100 Banche Italiane il Texas Ratio (Crediti deteriorati diviso il capitale regolamentare) era superiore all’unità. Lo scarto fra valore di carico di tali crediti e i valori di mercato degli stessi sono tuttora causa di divergenti valutazioni fra le diverse autorità e hanno generato la diatriba ancora insoluta sulle cosiddette Bad-bank (nazionale o per singola banca etc.). Intanto la Bce ha annunciato per il prossimo anno una procedura di vigilanza rafforzata per promuovere il veloce smaltimento dei crediti deteriorati.  Quindi il sistema bancario italiano si deve dare una mossa entro fine anno, poi sarà inutile piangere sul latte versato, qualora la Bce intervenga con durezza.

L’accelerazione della crescita del Pil migliorerà quasi certamente i bilanci bancari, limitando le perdite da crediti deteriorati, e toglierà qualche castagna dal fuoco alle autorità di vigilanza nazionali. Tuttavia un impegno maggiore per rimuovere le due anomalie del sistema creditizio nazionale sopra esposte sarebbe necessario per arrivare rapidamente alla normalizzazione del nostro sistema bancario e migliorare le relazioni fra le autorità nazionali e quelle europee. Ne guadagnerebbe tutto il Paese, famiglie ed imprese.