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Banchieri incapaci e politica assente 

2017-05-09 00:00:00.0000000

Banchieri incapaci e politica miope o assente

La profonda crisi di alcune banche italiane come Mps o le popolari venete di Vicenza e Montebelluna non è solo il risultato dell’esplosione delle sofferenze, dovuta alla brusca inversione del ciclo e dello sgonfiarsi dell’attività dell’edilizia soprattutto nel Nord –Est. Non è nemmeno solo questione di costo del lavoro, come i primi abbozzi di ristrutturazioni davano ad intendere. Bisogna dire con franchezza che anche i banchieri, le associazioni di categoria e gli organi di sorveglianza,  compresa la politica nazionale e locale, hanno avuto le loro negligenze e non si vedono ancora atti concreti di un sincero mea culpa da parte loro.

Ora che si intravvede una via d’uscita, tramite il solito paracadute pubblico, bisognerebbe dar via ad un vero dibattito  sul modo di far credito in Italia al fine di evitare che, come in altri settori, vedi Alitalia, il balsamo statale venga scambiato come un intervento quasi dovuto, senza comportare invece una seria revisione nei comportamenti dei manager, una critica costruttiva sull’effettiva efficacia della governance di molte banche e sulla condotta delle associazioni di Categoria, il cui comportamento ha poi finito con coinvolgere l’intero sistema creditizio italiano. Per non parlare degli enti di controllo e della politica nazionale e locale, intervenute a posteriori ed in ritardo. Come potevano non sapere e convivere sotto lo stesso tetto associativo banche che hanno eletto alla presidenza dell’Abi Giuseppe Mussari di Mps, attualmente inquisito per i crack, e come mai non hanno censurato prima i vari Gianni Zonin e Samuele Sorato a Vicenza e Vincenzo Consoli e Flavio Trinca a Montebelluna che spadroneggiavano da anni senza vincoli e limiti nel Veneto, spesso sostenuti se non osannati dalla politica . Gran parte dei crediti concessi e perduti sono stati deliberati ad amici, a parti correlate e ad azionisti conniventi, destinatari a volte di prestiti baciati pattuiti.

Ed i controlli e la Banca d’Italia dov’erano invece di pensare alla difesa del risparmio e dei cittadini?

Le lezioni di prudenza dei valenti banchieri del passato quali Mattioli per Banca commerciale Italiana, Cingano per Mediobanca e Rondelli per Unicredit, sono state messe in soffitta e si è persa una vera professionalità nel fare credito e nel valutare le garanzie, al di là dell’applicazione di modelli e algoritmi (rating di Basilea) che ora vanno per la maggiore. In passato figure storiche di banchieri sapevano con autorevolezza e professionalità tenere a bada la politica ed evitare che inquinasse le scelte di merito creditizio. Negli ultimi decenni invece è stata una gara di commistione fra pubblico e privato, fra credito concesso con difficoltà a settori produttivi e meritevoli e credito generoso dato a settori maturi se non in default. L’arrivo di denaro pubblico, resosi passaggio obbligato per salvare il risparmio di milioni di cittadini e migliaia di posti di lavoro, dovrebbe pertanto comportare una revisione strutturale del modo di fare credito per impedire il ripetersi ciclico di tali devastanti crisi creditizie, altrimenti la lezione del passato andrà perduta e nuovo denaro pubblico andrà ad accrescere solo il debito già elevato dello Stato.

Non è un caso se la Bce ha voluto che si coprissero con pesanti aumenti di capitale anche le sofferenze future per dare il suo via libera all’intervento statale. Quasi una sfiducia sull’ opera di pulizia in corso, che potrebbe non aver tenuto conto di incagli o sofferenze future, però già prevedibili e che si fa fatica ad evidenziare per motivi di immediata opportunità. Insomma la Bce nutre tuttora dei dubbi sulla capacità della politica e dei banchieri di cambiare registro. I dati del passato confermano i conti troppo ottimistici del Fondo Atlante su Mps. Unicredit e Banca Intesa, nocciolo duro del fondo, nel maggio 2016 stimavano in 2,6 miliari di € i fondi necessari per portare in salvo le due banche venete. In 12 mesi sotto la revisione Bce ci si è resi conto che per colmare la voragine sono necessari 8 miliardi. Si pensi che allora non erano stati presi in considerazione nemmeno i rischi legali. Parimenti per Mps l’anno scorso l’Ubi era pronta ad intervenire con un aumento di capitale di soli 2,5 miliardi di €. Oggi il fabbisogno è di 8,8 miliardi di €, mentre pochi mesi orsono Jp Morgan stimava la necessità in soli 5 miliardi di €. Cosa sarebbe successo in questi ultimi 12 mesi se azionisti, risparmiatori, sindacati, cittadini etc. avessero prestato fede a previsioni di sistemazione di tali banche, rivelatesi alla resa dei conti così poco attendibili? Serve un mea culpa della classe dirigenziale del credito, pene esemplari per chi ha sbagliato ed un impegno al rispetto delle regole europee di erogazione e di trasparenza da parte della politica, per recuperare credibilità e fiducia da parte dei cittadini nelle banche.

Tre cose concrete andrebbero fatte:

1)semplificare i controlli per renderli efficaci al fine di evitare che le varie autorità di vigilanza (Consob, Bankitalia etc.) arrivino a buoi fuggiti;

2) applicare le sanzioni per i banchieri scorretti in modo rapido ed esemplare come si fece in Usa nel caso del crac di Lehman Brothers con pene di centinaia di anni;

3)infine immaginare delle regole che portino alla restituzione quasi in automatico delle somme perdute dai risparmiatori ingannati con dati falsati .

Solo così le banche ed i banchieri potranno recuperare la reputazione persa e la fiducia dei cittadini.