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INTERVENTO DI SISTEMA-Fondo Atlante 

2016-04-14 00:00:00.0000000

INTERVENTO DI SISTEMA

Fondo Atlante gestito da Questio Sgr (Società di gestione del risparmio di cui il 37% appartiene a Fondazione Cariplo)

 

La proposta del Ministero del Tesoro di istituire un Fondo per mettere in sicurezza il sistema bancario italiano e gestire una parte dei crediti di difficile esigibilità (NPL), sembra riscuotere l’approvazione degli addetti ai lavori e del mercato.

Vengono così superati campanilismi, distinguo, recriminazioni interne e probabilmente il veto della Commissione Ue, sempre vigile sui così detti aiuti di stato. Dopo l’amara esperienza delle 4 banche fallite, che ha comportato un iter di salvataggio complicato, da cui pesanti carichi per i risparmiatori, il sistema bancario ha capito la lezione.

La soluzione mette in moto un sistema finanziato in modo volontario con fondi quasi esclusivamente privati e si fonda nella convinzione che banche salvate e crediti non performanti ben gestiti possono produrre redditi e remunerare il capitale investito.

Le risorse immesse nel fondo sono così ripartite:

Intesa ed UniCredit: 1 mld € ciascuna (comunque si erano già impegnate a sottoscrivere l’aumento di capitale delle due banche venete pericolanti).

Un pool di banche (Credem, Bper, Bnl, etc.): 1 mld €.

Fondazioni Bancarie: 0,5 mld €.

Sga (società creata nel 1997 per il salvataggio di Banco di Napoli): 0,5 mld €.

Un pool di Assicurazioni (Generali, Unipol, Cattolica, etc.): 1 mld €.

Cassa Depositi e Presiti, che fornirà anche la governance: 0,5 mlnd€.

I soli denari pubblici investiti sono quelli della Cassa Depositi e Prestiti, nella speranza che lo schema prevalente dell’intervento volontario e dei fondi privati non metta di traverso la Commissione Ue.

I primi interventi programmati sono previsti per Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, che presentano un aumento di capitale a tutt’oggi non assegnato per l’80% ed il 60% e per il quale le due banche che si erano fatte avanti ora nicchiano in presenza di situazioni dei conti ancor peggiori e contrasti fra soci e dirigenza.

Rimarrebbero circa 3/3,5 mld di € a disposizione del fondo per intervenire con effetto leva sui crediti non performanti (in prevalenza cosiddetti junior) che il sistema bancario deve smaltire per ritornare a fornire credito alle imprese e ai cittadini a costi accettabili.

Non sarà la soluzione definitiva, ma poter scaricare dagli attivi delle banche partecipanti circa 20 mld di € di crediti di fatto inesigibili, parte dei 200 mld € presenti in tutto, è un bel segnale per il mercato e per la Commissione Ue, dove la Germania si è da sempre impuntata contro la garanzia unica sui depositi e sullo smaltimento dei crediti proprio per la presenza di tale fardello che non vuole far pagare indirettamente ai depositanti tedeschi.

Le perplessità sono tante: per l’esiguità dei fondi messi a disposizione secondo alcuni commentatori autorevoli; per la necessità di sveltire e sburocratizzare le procedure di recupero dei crediti che andrebbe a cozzare contro l’esigenza sociale opposta di chi si vedrebbe escusso; per i dubbi sulla capacità della dirigenza del Fondo a ottenere effetti positivi in breve tempo, dove il sistema bancario e la sua dirigenza ha fallito per decenni. E’ un’operazione in cui si chiede e si dà fiducia, in caso di insuccesso il mercato farà pagare caro al paese l’eventuale bluff.

Stiamo a vedere, almeno è stata lanciata una scialuppa di salvataggio ed è in atto un tentativo di inversione di tendenza nella gestione del credito andando verso la trasparenza, il merito e l’efficacia. Ora conosciamo chi mette i denari e chi pagherà il prezzo dell’insuccesso o incasserà gli utili.

Per le due banche Venete sull’orlo del dissesto e con una dirigenza rissosa e poco incline a riconoscere le proprie e le locali altrui colpe è l’unica ed ultima carta da giocare per ristrutturarsi e ritornare a fornire ossigeno al territorio, dopo la gelata sui risparmiatori e sulle Pmi coinvolte, da una gestione del credito a dir poco censurabile.