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Strana assimetria tra il settore pubblico e il privato 

2021-08-31 00:00:00.0000000

STRANA ASSIMETRIA FRA IL SETTORE PUBBLICO E QUELLO PRIVATO   

Il settore pubblico fra il 2020 e il 2021 ha accumulato un maggior deficit primario (dato che si ricava prima della contabilizzazione degli interessi sul totale del debito pubblico) di circa 167 miliardi di Euro :maggior crescita mai registrata dal dopoguerra, mentre nello stesso periodo famiglie ed imprese hanno accumulato maggior liquidità nei conti correnti di circa 170 miliardi.

Ora i fenomeni non sono mai così schematici, ma è chiaro che in questo biennio è avvenuto un travaso di ricchezza dal debito pubblico a carico delle giovani generazioni ai conti in banca di famiglie più o meno benestanti e delle imprese beneficiate a diverso titolo da ristori e a macchia di leopardo da ricavi e utili in aumento.

Le imprese in alcuni casi sono state sostenute due volte: dai ristori sulla perdita di fatturato e dalla Cig a carico dello Stato che le sollevava dal pagare i dipendenti, e hanno accumulato riserve in attesa di investire in presenza di segnali economici meno contradditori quando la pandemia verrà domata.

Anche certe famiglie benestanti sono state trattate generosamente con l’adozione ad esempio del bonus ristrutturazioni al 100%, che produrrà 20 miliardi di Euro di deficit, ed è utilizzabile anche per le seconde case al mare o in montagna e persino in presenza di certi abusi edilizi non sanati. In sostanza con il debito pubblico anche le famiglie abbienti valorizzeranno il loro patrimonio privato.

L’impostazione di fondo dei governi che si sono succeduti era comunque corretta: prima cosa tenere in vita l’economia, poi disinnescare conflitti distributivi (compreso il tanto discusso reddito di cittadinanza), al fine di evitare proteste di piazza e il rancore antisistema, terreno necessario in vista delle dolorose riforme che il Recovery Plan prevede.

La diatriba sul green pass e sulle vaccinazioni inciderà economicamente ben poco e qualora non si ricada in una ripresa invernale dei contagi, a nostro avviso è un intoppo transitorio.

Ben altro effetto devastante sulla tenuta della pace sociale e dello sviluppo economico ci sarebbe stato se l’economia non fosse nel frattempo cresciuta del 5% recuperando rapidamente a macchia di leopardo il giro d’affari pre-pandemia agganciando durante l’estate al settore industriale quello dei servizi.

Lo sviluppo del 2021 sarà dovuto certamente ad un effetto rimbalzo dopo i lockdown ma sarà anche il risultato del carburante immesso nell’economia dallo Stato con i diversi provvedimenti introdotti in questi ultimi 18 mesi.

Pochi ne parlano ma i prossimi mesi saranno cruciali per cambiare le regole del gioco imposte dalla Ue per ottenere i fondi del Recovery Plan (205 miliardi di €), cosa che sarebbe stata impossibile da realizzare in un paese paralizzato da cittadini furibondi i per il restringimento dei salari e la perdita di occupazione a seguito del fallimento di migliaia di imprese.

La prudenza non è mai troppa e l’accelerazione del reddito del 5% nel 2021 è una buona base di partenza tuttavia è un’opportunità che non può durare. Il deficit non può continuare a crescere e la ripresa futura può essere resa permanente solo dalle riforme che devono essere fatte adesso: la riforma della legge sulla concorrenza da introdurre nei lavori pubblici, la riforma del diritto fallimentare, il nuovo codice sugli appalti , la riforma fiscale per citarne alcune.

Soprattutto la riforma fiscale potrà suscitare contrasti: richiesta da decenni e invocata da tutte le parti politiche per smussare lo sbalzo sui redditi personali dal 27% al 37%, costerà alcuni miliardi, quindi non essendo ovviamente a costo zero dovrà essere fatta andando a reperire nuove risorse lontano dai redditi di lavoro e dai redditi di impresa. Il governo pensa ad una revisione del catasto e dei relativi estimi in modo da tassare di più le rendite immobiliari ma non sarà una passeggiata perché le lobby del settore sono potenti e il “partito del mattone” presente in ogni schieramento politico difficilmente accetterà di pagare di più. Sarà comunque una scelta obbligata perché l’attuale equilibrio finanziario garantito da bassi tassi di interesse, risultato dagli interventi della Bce e da un’inflazione ancora contenuta, non potrà continuare per molto e per la tenuta del Paese sarà un obiettivo prioritario trovare risorse per pagare interessi in probabile aumento e ridurre progressivamente il deficit.

Intanto anche l’Italia dovrà preoccuparsi di dotarsi di una nuova politica industriale che non la trovi impreparata nel settore delle materie prime (acciaio, legno), dei componenti elettronici, delle comunicazioni e della loro sicurezza contro gli attacchi cibernetici etc.

In questo contesto sarà opportuno che le imprese approfittando dell’attuale finestra favorevole utilizzino la liquidità accumulata in investimenti mirati in tecnologia, formazione delle risorse umane e ampliamento/diversificazione di prodotti e di mercati, e se per far ciò si dovessero indebitare scegliere di farlo al tasso fisso mai come ora basso e conveniente.

Fra qualche mese i segnali di tensione su aumento dei prezzi (materie prime) e l’aumento sui tassi già verificatosi in Usa si rifletteranno anche in Ue e allora potrebbe rispuntare una ripresa del costo del denaro legato ai tassi variabili.